Stabile la sperimentazione clinica italiana sui medicinali per uso umano

(immagine: Canva)

Gli ultimi anni hanno visto la completa entrata in vigore del Regolamento Europeo n. 536/2014 sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano. Tra le ricadute più importanti vi è stata l’adozione di un impianto organizzativo più complesso, che a sua volta ha determinato una diminuzione di sperimentazioni cliniche sostanzialmente in tutta Europa.

In Italia la situazione è stabile: come riportato dal 21esimo Rapporto Nazionale sulle sperimentazioni cliniche dei medicinali di AIFA, nel 2023 nel nostro Paese sono stati autorizzati 611 studi clinici, contro i 663 del 2022.

Nella maggioranza dei casi, sono stati studi di fase III 42,2%) e di fase II (35,8%); pochi gli studi di fase I (18%) e ancora meno quelli di fase IV (3,3%).

Pierluigi Russo, direttore tecnico-scientifico di AIFA, commenta così: “non possiamo accontentarci della sostanziale stabilità delle sperimentazioni cliniche in Italia”, soprattutto perché ci sono ottimi margini di miglioramento.
Se si allarga lo sguardo e si osserva l’andamento degli studi clinici sui medicinali per uso umano in Europa, si vede chiaramente come Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna siano più forti dell’Italia, soprattutto nell’avvio di studi di fase I, necessari per individuare nuove possibili molecole terapeutiche.

Nel nostro Paese si osserva invece una sostanziale stabilità lungo il quadriennio 2020/2023, con un andamento comprese tra l’11% e il 18%.
Perché questi dati migliorino, spiega Russo: “vanno create le condizioni affinché le potenzialità dei nostri centri di ricerca entrino in contatto con il contesto industriale, scalando i paradigmi della ricerca biomedica fino al livello di sviluppo economico e sociale. Possiamo e dobbiamo fare di più, per recuperare attrattività e performance. A questo può contribuire il contesto regolatorio: nel 2024 AIFA ha infatti emanato due linee guida dedicate alla ricerca e alle sperimentazioni cliniche”.

Distribuzione degli studi per tipologia

Come anticipato, la maggior parte delle sperimentazioni cliniche approvate nel corso del 2023 sono state di fase II e fase III.
Che dire, invece, rispetto al disegno di studio? In questo caso, come nei due anni precedenti, oltre l’80% dei lavori è stato multicentrico, in alcuni casi condotto completamente su suolo nazionale (meno del 6%) e più spesso in un contesto internazionale.

Oltre la metà degli studi approvati sono stati randomizzati; tra questi, nel 43,3% dei casi si è scelto un disegno aperto e nel 29,7% uno controllato in doppio cieco. Per quanto riguarda i gruppi di pazienti, questi sono stati studiati in parallelo nel 31,9% dei casi.
Infine, il documento evidenzia che nel 98,8% dei casi i soggetti coinvolti sono stati pazienti, nel 92,1% dei casi campioni misti per genere.

Per quanto riguarda l’età, invece, nel 68,7% degli studi la popolazione coinvolta è composta da adulti e anziani, quindi soggetti di età superiore ai 18 anni. Chiaramente, l’età dei pazienti coinvolti dipende anche dal tipo di farmaco e dalla patologia sotto studio.

Distribuzione degli studi per area clinica

Diamo quindi uno sguardo alle diverse aree terapeutiche prese in considerazione dalle sperimentazioni cliniche del 2023. Al primo posto c’è l’oncologia, comunque in calo rispetto al 2022 di 5,2 punti percentuali: si è passati dal 39,9% al 34,7%.

Seguono le patologie del sistema nervoso (11,1%), le malattie cardiovascolari (6,2%) e le malattie del sistema ematico e linfatico, che nel complesso pesano per il 6,1%.
Seguono: le malattie respiratorie e quelle dell’apparato digerente; entrambe al 4,1%), le patologie neonatali, comprese le anomalie (3,9%); le patologie del metabolismo e della nutrizione (3,3%); le malattie del sistema muscoloscheletrico (2,8%); le malattie dell’occhio (2,3%); le malattie virali (2%).

Sotto il 2% vi sono anche altre patologie trattate, come quelle della gravidanza, dell’apparato endocrino, della cute e dei connettivi, i disturbi mentali e le patologie batteriche e micotiche.

Diminuiscono del 7% le sperimentazioni incentrate sulle malattie rare, attestandosi nel 2023 sul 30,6%. Per quanto riguarda invece il principio attivo valutato, nel 55,5% dei casi è chimico, nel 34,7% è di natura biologica/biotecnologica, nel 5,1% è misto e, infine, nel 4,7% cade nella categoria ATMP.

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