L’intelligenza artificiale nel futuro dei farmaci

Tra cinque anni discovery farmacologico più rapido e terapie per malattie oggi incurabili.

«L’evoluzione della ricerca e lo sviluppo dei farmaci e della farmacologia nel contesto, start up e innovazione», è il tema del simposio che si è svolto a Sorrento all’interno del 42° congresso nazionale della Società Italiana di Farmacologia.

Lo sviluppo dei farmaci, dunque, gli studi preclinici, le criticità che portano sul mercato soltanto il 5% dei farmaci sperimentati, la sostenibilità, ma soprattutto il futuro della medicina grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale – applicata anche all’ambito delle malattie rare – da qui ai prossimi 5-10 anni.

Ne abbiamo parlato con Gesualdo Loreto, professore ordinario di Nefrologia e direttore scientifico dell’Irccs Giovanni Paolo II di Bari, e abbiamo poi approfondito l’importanza del sistema del complemento nelle malattie rare con la prof.ssa Anna Maria De Luca, professore ordinario di Farmacologia presso il Dipartimento di Farmacia – Scienze del Farmaco dell’Università degli Studi Aldo Moro di Bari.

Lo sviluppo di un farmaco

Lo sviluppo di un farmaco è un processo lungo, complesso e costoso, caratterizzato da un elevato grado di incertezza riguardo al successo effettivo dello stesso. Gli studi preclinici condotti su cellule, tessuti e modelli animali sono rappresentazioni imperfette della malattia umana e i risultati positivi ottenuti in tale fase della sperimentazione potrebbero non essere replicati nell’uomo.

Questi errori riflettono una comprensione non sufficiente del modello biologico di malattia, che può anche portare i pazienti a sperimentare effetti avversi inaspettati negli studi clinici e a interrompere anticipatamente i programmi di sviluppo dei farmaci.

Da tali criticità consegue che solo il 5% dei farmaci arriva sul mercato. Il fallimento interessa circa il 90-95% dei farmaci e, di questi, circa il 10% è causato da una performance insoddisfacente in termini di efficacia e sicurezza.

Tuttavia, in alcuni casi, questo risultato può derivare da una non corretta pianificazione dello studio, per esempio in termini di scelta della popolazione da trattare. È il caso di alcuni farmaci, di cui si è riconosciuta l’efficacia molto tempo dopo la loro sperimentazione, grazie ad analisi retrospettive che hanno dimostrato come, a volte, cambiando dosaggio o popolazione di pazienti, il risultato sia stato di successo.

Lo sviluppo dei farmaci si muove verso il futuro: drug discovery 2.0

Si stima che vi siano ancora circa 6.500 malattie per le quali non vi sono terapie farmacologiche autorizzate. Il riposizionamento dei farmaci tramite analisi dei real world data e applicazione di tecniche di Intelligenza Artificiale può risultate utile particolarmente per patologie con elevato unmet need, come le malattie rare.

Gesualdo Loreto crede molto nel futuro dell’intelligenza artificiale.
«L’intelligenza artificiale è un tool a disposizione del medico, non se ne potrà più fare a meno in futuro, ci accompagnerà nel percorso di diagnosi e cura dei nostri pazienti, non solo in quelli con patologie rare, ma in tutto il mondo della medicina. Grazie a questo tool, il medico avrà la possibilità di liberare del tempo da dedicare al proprio paziente, i per instaurare nuovamente quello che abbiamo perso nelle ultime decadi, cioè quel rapporto, quell’empatia medico paziente. La sfida è quella di poter utilizzare algoritmi di IA nell’ambito di piattaforme di health che possano sviluppare quello che sarà il futuro del percorso del paziente, con a bordo algoritmi di intelligenza artificiale. Un viaggio del paziente, insomma, guidato dal medico, seguito dal medico ma aiutato nel suo percorso di diagnosi e cura dagli algoritmi di Intelligenza artificiale. Sono sicuro che nei prossimi 5-10 anni saremo in grado di avere un discovery farmacologico molto più rapido e quindi tante malattie rare oggi non trattabili troveranno il giusto trattamento per il giusto paziente e nel momento giusto».

Nel video l’intervista integrale al prof. Gesualdo Loreto e, a seguire, la video intervista alla prof.ssa Anna Maria De Luca, con cui abbiamo parlato del sistema del complemento e delle sue strategie terapeutiche nelle malattie rare.

video di Stefano Gattordo

«L’introduzione di farmaci», ha spiegato De Luca, «che vanno a colpire specifici componenti del complemento ha permesso di rivoluzionare la terapia di alcune patologie che prima non avevano cura, come, per esempio, l’emoglobinuria parossistica notturna, una malattia rara caratterizzata da anemia emolitica, ottenendo dei risultati clinici su questa popolazione di pazienti che non aveva alterative terapeutiche. Poi la ricerca si è allargata anche ad altri farmaci che possono avere come target altri componenti della cascata».

La sostenibilità in sanità

Chi finanzia la ricerca clinica? La ricerca clinica viene finanziata, per una quota elevatissima che si aggira intorno al 90%, dall’industria. Tuttavia, quale che sia la natura dello studio (sponsorizzato, indipendente) o del finanziatore (pubblico, privato), queste risorse sono convogliate verso team di ricerca che operano in larga parte presso strutture pubbliche e che dal sistema pubblico di istruzione sono in grande misura formate.

L’esperienza della pandemia CoViD-19 ha aumentato la consapevolezza circa l’importanza di una positiva collaborazione tra pubblico e privato, senza la quale oggi non sarebbe possibile dare risposte adeguate alle sfide poste dalla sanità odierna.

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