Radioterapia oncologica, in Italia risorsa sottoutilizzata

Benché la radioterapia oncologica rappresenti una terapia di avanguardia in molti casi risolutiva senza necessità di ricorrere alla chirurgia, in Italia il trattamento viene impiegato in circa il 30% dei casi a fronte di standard internazionali del 60%. Necessario valorizzare la formazione, le evidenze scientifiche e adottare una governance condivisa. È quanto emerso dagli Stati Generali della Radioterapia Oncologica ospitati a Roma, presso la Camera dei Deputati, lo scorso 28 marzo.

In ambito oncologico la radioterapia è uno strumento di primaria importanza in grado, grazie ai progressi tecnologici degli ultimi anni, di offrire trattamenti efficaci, sovente risolutivi, senza la necessità di ricorrere alla chirurgia.
Circa il 60% dei pazienti oncologici ne avrebbe bisogno, sia nelle fasi precoci che in quelle avanzate di malattia. Eppure, in Italia trova impiego in solo la metà dei casi, a causa di una errata percezione che la relega a trattamento di ultima istanza se non palliativo.

Ne consegue che non viene valorizzata una risorsa cruciale, né evidenziata la sua importante sinergia con i farmaci.

Esiste quindi la necessità e l’urgenza di definire un approccio multidisciplinare che inserisca il radio-oncologo nel team di presa in carico del paziente sin dall’inizio del percorso diagnostico-terapeutico.

Partendo da queste premesse, AIRO – Associazione italiana di Radioterapia e Oncologia Clinica, ha organizzato gli Stati Generali della Radioterapia Oncologica, promossi dal presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, on. Ugo Cappellacci, per proporre una riflessione e valorizzare una risorsa salvavita.

Le criticità italiane

In Italia le principali criticità rispetto alla radioterapia oncologica sono rappresentata da una carenza di professionisti – appena 1.045 radio-oncologi distribuiti in modo non uniforme sul territorio, dovuta a un numero insufficiente di iscritti alle scuole di specializzazione e a un troppo esiguo numero di ore dedicate alla radioterapia nei corsi di laurea – e così a una loro scarsa integrazione nei team multidisciplinari dei reparti oncologici, nelle reti oncologiche regionali e nei comitati decisionali nazionali, tra l’altro in contrasto con quanto previsto dal Piano Oncologico Nazionale 2023-2027.

«La radioterapia oncologica è una risorsa essenziale, che deve essere valorizzata e integrata nei percorsi terapeutici, per garantire a tutti i pazienti oncologici le migliori possibilità di cura. Insieme a tutte le parti coinvolte dobbiamo continuare a lavorare per assicurare un accesso equo ai trattamenti, senza differenze geografiche.

Un migliore utilizzo della radioterapia non solo migliorerà gli esiti clinici, ma renderà l’intero sistema sanitario più sostenibile, favorendo l’accesso a trattamenti mirati e con un ottimo rapporto costo-benefici», ha dichiarato in apertura il ministro della Salute, Orazio Schillaci.

Definire percorsi di cura che valorizzino l’associazione radioterapia + farmaci

Esistono altresì problemi di carattere regolatorio, come ricordato dal direttore tecnico scientifico di AIFA, Pierluigi Russo. «Oggi, nei processi di autorizzazione dei farmaci oncologici, si valutano le interazioni tra diverse terapie farmacologiche, ma non viene adeguatamente considerato il rapporto con la radioterapia.

Questa separazione regolatoria tra i due ambiti limita le possibilità di un’integrazione terapeutica efficace. È fondamentale modificare tale prospettiva, includendo già nelle fasi di valutazione dei farmaci oncologici un’analisi della loro interazione con la radioterapia.

Un approccio più coordinato permetterebbe di ottimizzare i trattamenti, migliorare la qualità della vita dei pazienti e prolungare l’efficacia delle terapie in corso. L’obiettivo deve essere rendere più semplice e strutturata la collaborazione tra oncologi e radio-oncologi, per garantire percorsi di cura realmente integrati e basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili». 

Sarà, quindi, fondamentale elaborare nel prossimo futuro percorsi di cura dedicati alle patologie oncologiche in cui risulti più efficace l’impiego della radioterapia, per definire modalità di associazione tra radioterapia e farmaci, partendo da evidenze scientifiche dalle quali emerge che dall’associazione del trattamento farmacologico a quello radioterapico non implica alcuna criticità in termini di tossicità aggiuntiva. 

Definire percorsi e investire in formazione

Marco Krengli, direttore della UOC Radioterapia dell’Istituto Oncologico Veneto Irccs e presidente AIRO, ha evidenziato come in Italia la radioterapia sia sottoutilizzata non per carenza di tecnologie o competenze, ma per l’assenza di un percorso strutturato che ne regoli l’impiego.

«Il nostro obiettivo è lavorare con le Istituzioni per garantire un accesso equo a questa terapia salvavita, e per far sì che la radioterapia sia sempre considerata nei percorsi oncologici fin dalle prime fasi decisionali.
È poi essenziale investire nella formazione di nuovi specialisti, rendendo l’insegnamento della radioterapia sempre più attrattivo nel percorso universitario e di specializzazione». 

Una nuova governance per la radioterapia in Italia

«L’incontro di oggi – ha concluso Lorenzo Livi, direttore dell’Unità di Radioterapia Oncologica, Dipartimento di Oncologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze e delegato alle relazioni istituzionali di AIRO – segna l’inizio di una collaborazione strutturata con il Ministero della Salute, con il Parlamento, con l’Agenzia Italiana del Farmaco e con l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali.

L’obiettivo comune è sviluppare una nuova governance della radioterapia in Italia, che la renda più accessibile a un numero crescente di pazienti oncologici, affinché possa contribuire a sprigionare, in associazione con tutti gli approcci terapeutici disponibili, la massima efficacia possibile di tutte le nostre armi contro il cancro».    

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