Possibili vantaggi, in termini di risparmio di tempo e risorse, ma bisogna verificare se i singoli Stati membri sapranno cedere un po’ di sovranità nazionale in virtù di procedure centralizzate.
Lo scorso 12 gennaio è entrato definitivamente in vigore il Regolamento Europeo 2021/2282 relativo alla valutazione delle tecnologie sanitarie, che cancella la precedente normativa, la direttiva 2011/24/UE, in vigore dal 2013.
«Il nuovo Regolamento», spiega Patrizio Armeni, professore associato della SDA Bocconi School of Management, «mira a migliorare la cooperazione tra gli Stati membri nella valutazione clinica delle tecnologie sanitarie, con l’obiettivo di favorire un accesso più rapido e uniforme alle innovazioni mediche. Ciò vale anche per i farmaci orfani, essenziali per il trattamento delle malattie rare».
Per tecnologie sanitarie s’intendono, come scritto nelle considerazioni iniziali del documento, “i medicinali, i dispositivi medici, i dispositivi medico-diagnostici in vitro e le procedure mediche, nonché le misure per la prevenzione, la diagnosi o la cura delle malattie”. Si tratta di un mercato importante, che rappresenta il 10% del prodotto interno lordo dell’Unione Europea.

Health Technology Assessment: un po’ di storia
La valutazione della tecnologia sanitaria, dall’inglese Health Technology Assessment, è stata riconosciuta dal Consiglio Europeo come strumento basato sull’evidenza fondamentale per effettuare scelte di politica sanitaria che risultino benefiche per i pazienti. Era il 2014. Tre anni dopo il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione, con la Risoluzione del 2 marzo 2017 sulle opzioni dell’UE per un miglior accesso ai medicinali (2016/2057(INI), di proporre una legge per armonizzare criteri trasparenti da seguire nel processo di HTA.
C’è voluto qualche anno, ma alla fine il Regolamento Unico è stato prodotto ed è entrato in vigore. Nel frattempo, gli Stati membri dell’UE si sono organizzati, istituendo apposite cabine di regia e stabilendo regole per sottoporre a HTA le tecnologie sanitarie e decidere in sicurezza se introdurle o meno nei propri sistemi sanitari. Il fatto è che queste regole possono essere differenti da Stato a Stato, determinando più valutazioni per uno stesso prodotto, il che pone un problema per lo sviluppo del mercato, come sottolineata dal Regolamento stesso: “l’effettuazione di valutazioni parallele da parte di più Stati membri e l’esistenza di divergenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali relative ai processi e alle metodologie di valutazione possono far sì che agli sviluppatori di tecnologie sanitarie siano rivolte molteplici e divergenti richieste di dati. Possono comportare anche duplicazioni e risultati difformi delle valutazioni, risultanti dallo specifico contesto sanitario nazionale”.
In una situazione del genere, si legge ancora, “gli sviluppatori di tecnologie sanitarie spesso incontrano difficoltà nel presentare gli stessi dati, informazioni, analisi e altre evidenze a Stati membri diversi e anche in momenti diversi.
La duplicazione delle trasmissioni e la considerazione di tempistiche di trasmissione diverse fra gli Stati membri può costituire un notevole onere amministrativo per gli sviluppatori di tecnologie sanitarie, in particolare per le imprese più piccole con risorse limitate, e potrebbe contribuire a creare ostacoli e distorsioni all’accesso al mercato, con conseguente mancanza di prevedibilità del contesto imprenditoriale, costi più elevati e, nel lungo periodo, effetti negativi sull’innovazione”.
La soluzione individuata dal Regolamento è «l’istituzione di un Comitato di Coordinamento per l’HTA che gestirà il processo centralizzato europeo di valutazione clinica, riducendo la necessità di duplicare gli sforzi di valutazione da parte di ciascuno Stato membro», spiega il prof. Armeni. L’idea è quindi di svolgere una parte importante della valutazione clinica di una nuova tecnologia sanitaria in modo centralizzato, garantendo trasparenza delle procedure e delle evidenze raccolte.
Come funziona la valutazione centrale?
Vediamo ora cosa prevede il Regolamento. Abbiamo già nominato il Comitato di Coordinamento per l’HTA. Questo sarà composto da rappresentati di ogni singolo Stato membro dell’Unione Europea, “in particolare provenienti da autorità e organismi di valutazione delle tecnologie sanitarie”.
Compito di questo organo sarà monitorare la valutazione clinica congiunta e le altre attività che rientrano nell’ambito del Regolamento stesso, tra cui anche la designazione delle autorità e degli organi di HTA per ogni sottogruppo, ovvero medicinali, dispositivi medici e dispositivi medico-diagnostici in vitro. Cosa succede una volta conclusa la valutazione congiunta? Ce lo dice l’articolo 9: “una valutazione clinica congiunta si conclude con una relazione di valutazione clinica congiunta corredata di una relazione di sintesi.
Tali relazioni non contengono alcun giudizio di valore o conclusioni circa il valore clinico aggiunto complessivo della tecnologia sanitaria oggetto di valutazione e si limitano a una descrizione dell’analisi scientifica degli effetti relativi della tecnologia sanitaria valutata sugli esiti di salute in relazione ai parametri selezionati, che si basano sull’ambito di valutazione stabilito a norma dell’articolo 8, paragrafo 6 e il grado di certezza degli effetti relativi in considerazione dei punti di forza e dei limiti delle evidenze disponibili”.
A questo punto la palla passa agli Stati membri che, pur tenuti a tenere conto degli esiti della valutazione congiunta e a non chiedere agli sviluppatori di tecnologia sanitaria dati già presenti nel database centrale, possono accettare o meno i risultati della valutazione. Come vedremo a breve, questa è la principale criticità insita nel Regolamento. Per ora focalizziamoci sui possibili vantaggi.