La distrofia muscolare di Duchenne è una patologia genetica rara, a trasmissione recessiva legata al cromosoma X, che colpisce tutti i muscoli, determinandone debolezza.
Si tratta della distrofia più grave, soprattutto nei pazienti maschi che, tendenzialmente, smettono di deambulare entro l’adolescenza, per perdere poi progressivamente l’uso degli arti superiori e cadere in insufficienza respiratoria e cardiaca. L’aspettativa di vita è oggi sui 30 anni.
Esistono diversi tipi di Duchenne, in base al tipo di mutazione che determina la malattia: nel 10-15% dei casi, si parla di mutazione non senso del gene della distrofina.
Nel 2017 è stato immesso in commercio un farmaco per il trattamento dei pazienti con distrofia muscolare di Duchenne non senso, ancora deambulanti e di età superiore ai 5 anni: ataluren, dopo anni di uso orfano. Negli anni l’indicazione ha visto abbassare l’età minima ai 2 anni.
Secondo gli specialisti che lavorano quotidianamente con questi pazienti, alcuni dei quali sotto terapia da diversi anni, il farmaco funziona nel rallentare la progressione di malattia, eppure questa percezione sembra non trovare conferma negli studi.
Per questo da settembre 2024 si parla di un ritiro del farmaco dal commercio e ciò nonostante il Comitato per la valutazione dei medicinali per uso umano (CHMP) di EMA abbia condotto due rivalutazioni, entrambe con esito negativo, una a gennaio 2024 e l’altra a ottobre 2024.
Nel corso delle rivalutazioni il CHMP ha tenuto conto di nuovi dati real world, eppure il suo parere è restato negativo. A oggi, comunque, la Commissione Europea non si è ancora pronunciata e quindi il farmaco è disponibile.
Il position paper dell’Associazione Italiana di Miologia
Presieduta dal prof. Giacomo Pietro Comi, l’Associazione Italiana di Miologia riunisce i massimi esperti di malattie neuromuscolari del Paese. Dato il continuo parere negativo del CHMP su ataluren, l’AIM ha elaborato un position paper. Alla base un attento lavoro di revisione degli studi clinici oggi disponibili, unito a dati di esperienza quotidiana.
Oggi, infatti, i pazienti che hanno iniziato ad assumere il farmaco qualche anno fa iniziano a sperimentarne nella quotidianità i vantaggi, essendo arrivati all’adolescenza e conservando, per esempio, la deambulazione. Secondo gli esperti di AIM, quindi, l’efficacia del farmaco è comprovata.
Spiegano: “valutando i dati scientifici disponibili nella loro globalità, con un approccio volto a valorizzare la totalità dell’evidenza, ci appare lampante che Ataluren sia efficace nel rallentare la perdita di funzione motoria in pazienti deambulanti affetti da nmDMD. Questa evidenza deriva da più di 700 pazienti con nmDMD seguiti per almeno 48 settimane.
L’entità stimata dell’effetto potrebbe sembrare piccola ma va tenuta presente la breve durata del periodo di osservazione, in pazienti che all’inizio della terapia hanno alle spalle anni di malattia progressiva con sostituzione fibroadiposa del tessuto muscolare e perdita di funzione già avvenuta”.
Alla mancanza di dati certi provenienti da studi randomizzati, gli esperti rispondono che per patologie neuromuscolari ad andamento progressivo è impossibile allestire studi randomizzati su lungo periodo: di solito questi studi sono brevi, di durata massima di qualche anno, mentre in queste patologie i risultati vanno misurati in periodi temporali più lunghi.
E, soprattutto, anche il più piccolo rallentamento nella progressione è un successo per questi pazienti: “una differenza media di poche decine di metri nei pazienti messi sotto studio nel primo anno di trattamento può tradursi, e oggi lo si può dimostrare, in un mantenimento della deambulazione autonoma nell’ordine dei 3-4 anni”, sottolineano gli esperti.
C’è inoltre da tenere conto del fatto che ogni paziente ha il suo decorso clinico, il che può alterare i risultati di uno studio, già reso difficile dal fatto che la patologie presa in considerazione è rara. Da vedere se il CHMP terrà conto del parere dei nostri esperti.