CAR-T e reumatologia autoimmune: primo trattamento italiano

(immagine: Canva)

Sviluppate per i trattamenti oncologici del sangue, le terapie CAR-T si stanno facendo spazio in altri ambiti della medicina, come la reumatologia. Il primo caso è stato seguito da Fondazione Policlinico Gemelli Irccs, in collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Negli ultimi anni le cellule CAR-T sono state sperimentate anche in ambiti differenti dai tumori del sangue, con esiti interessanti tanto nei tumori solidi, quando nell’autoimmunità.

Per questo la Fondazione Policlinico Gemelli Irccs di Roma, in collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che mette a disposizione la propria officina farmaceutica, ha avviato lo studio CATARSIS (Anti-CD19 CAR T-Cell TherApy in Refractory Systemic Autoimmune DISeases) focalizzato sull’uso delle cellule CAR-T nel trattamento di malattie reumatologiche autoimmuni sistemiche refrattarie ai trattamenti convenzionali.

Perché scegliere le CAR-T?

Una malattia autoimmune vede tra i propri attori principali i linfociti B, per questo l’idea di ingegnerizzare le cellule immunitarie del paziente contro i linfociti che attaccano il tessuto malato è interessante.

Un’idea già sfruttata nello sviluppo di anticorpi monoclonali, per esempio, utili in alcune patologie autoimmuni ma poco in quelle reumatologiche sistemiche, mettendo a rischio i pazienti di aggravamento di patologia e di morte. Il target terapeutico utilizzato per lo sviluppo delle CAR-T è la proteina di membrana CD18, lo stesso già scelto per gli anticorpi monoclonali.

L’attesa è che il farmaco a base di cellule CAR-T, CD19-Car_Lenti, riesca a penetrare più a fondo nei tessuti del paziente, colpendo i linfociti B che fuggono alle terapie più convenzionali. Qualche dettaglio su questo farmaco: si tratta di una sospensione orale di cellule T ingegnerizzate tramite un lentivirus autoinattivante.

La sospensione, come anticipato, viene prodotta dall’officina farmacologica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, coordinata dal professore Franco Locatelli. L’ipotesi di partenza viene valutata su 8 pazienti adulti, refrattari ai trattamenti convenzionali, affetti da una malattia reumatologica autoimmune sistemica, come lupus eritematoso sistemico, sclerosi sistemica, dermatomiosite/polimiosite e vasculiti ANCA-associate. I pazienti verranno seguiti per un totale di 30 settimane, 6 prima del trattamento e 20 dopo. In tutto ci vorranno 2 anni per avere i risultati.

Lo studio vede nella Maria Antonietta D’Agostino, ordinario di Reumatologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della UOC di Reumatologia di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs il principal investigator.

Il via del progetto

La prima paziente dello studio è già stata arruolata: si tratta di una donna con sclerodermia che ha ricevuto l’infusione CD19-Car_Lenti alla vigilia di Natale 2024 presso l’Unità di Oncoematologia, diretta dalla prof.ssa Simona Sica, che prende parte allo studio, nell’Unità di fase I di FPG, diretta dal dott. Gennaro Daniele.

La donna è anche la prima paziente italiana a ricevere un trattamento con CAR-T per una malattia reumatologica autoimmune sistemica. Nel mondo, al momento, sono in tutto una cinquantina i pazienti trattati in modo simile.
Per questo si parla, per CATARSIS, di uno studio di frontiera. Al momento esiste un altro studio gemello, CASTLE, condotto da Georg Schett dell’Università di Erlangen.

La prof.ssa D’Agostino pone l’accento su un aspetto essenziale di questo lavoro: “lo studio CATARSIS rappresenta una frontiera, ma anche un esempio di progetto cooperativo e coordinato, nel quale diversi dipartimenti, di ricerca, produzione, clinici, amministrativi e di conduzione trials, operanti presso strutture differenti, hanno lavorato insieme per ottenere questo traguardo così importante che apre la strada a nuove speranze”.

Segno che la collaborazione e il lavoro di squadra è quantomai importante per raggiungere obiettivi utili ai pazienti e ai clinici.